Il pesto genovese, una sinfonia gastronomica

ph credit Rossella Murgia. Trattoria du Ruscin a Genova

Il pesto genovese, una sinfonia gastronomica

“Pe fâ un pésto comm’il fò
ghe vêu tanto baxaicò”

(ricetta dal Lunario Genovese, 1934)

Il pesto genovese (o “alla genovese”, come spesso impropriamente si legge) è da sempre il simbolo per eccellenza della cucina ligure. Ritrovare il buon pesto assaggiato una volta è per alcuni motivo sufficiente per rendere la Liguria una meta di viaggi regolari, mentre per i nativi uscire dai confini regionali e soffrirne l’astinenza è un’indicibile tortura.

Questa seducente crema verde, che si pensa tragga le proprie origini dalla più antica “agliata” ligure, non rispecchia la sua terra d’origine solo nel colore: la sua fragranza, il suo carattere, l’armonia tra i suoi sapori ne fanno un condimento capace di esaltare qualsiasi piatto, un trionfo gastronomico che evoca alle papille del vero genovese la stessa nostalgia suggerita alle sue orecchie dalla musicalità del suo dialetto e dalle canzoni della tradizione locale.

Musica in tavola: la vera ricetta del pesto genovese

Come ogni melodia, anche il pesto nasce dalla sapiente combinazione di sette semplici note, ormai codificate (grazie agli sforzi di enti fra cui il Consorzio del Pesto Genovese) in un vero e proprio dogma culinario:

  • basilico (rigorosamente a foglia piccola)
  • olio extravergine di oliva, rigorosamente ligure
  • Parmigiano Reggiano DOP 24 mesi
  • pecorino della varietà Fiore Sardo DOP 10 mesi
  • sale grosso
  • pinoli
  • aglio

Inutile andare alla ricerca di informazioni “ufficiali” sulle dosi: c’è un pesto diverso per ogni cuoca e cuoco di Liguria, e anche noi du Ruscin abbiamo i nostri “segreti”. Da quello più fine a quello più grossolano, vellutato o ruvido e intenso, più chiaro e ricco dell’aroma dei suoi formaggi o più scuro e dominato dalla fragranza dell’olio e del basilico. E non mancano le varianti: più celebri quella con le noci (l’uso dei pinoli, oggi ufficializzato, nasce di per sé come variante originaria della Riviera di Levante) e il pesto senz’aglio, di più facile digestione.

Armonie e accompagnamenti

Varianti moderne, e varianti ormai dimenticate. Quella ricetta del lontano ’34 proseguiva con “de porsemmo ȗnn-a brancâ*, poca pérsa, ȗn pȏ de sâ”, con un doveroso asterisco a ricordare, in calce, che di maggiorana (l’“erba pérsa”) e prezzemolo si può fare benissimo a meno se si ha a disposizione basilico in abbondanza. Altri tempi, in cui la disponibilità di ingredienti era dettata da ciò che si aveva nel proprio orto.

Al giorno d’oggi il basilico non condivide più il palcoscenico con altre erbe, ergendosi a protagonista indiscusso della ricetta. Il più ricercato come ingrediente per il pesto è senza dubbio quello coltivato sulle colline genovesi di Prà, dalle foglie piccole e fragranti. Il basilico giusto è certamente ciò che fa la differenza tra un pesto ben riuscito e un fallimento: lo stesso Fabrizio De André raccontava che nel preparare il pesto al di fuori della Liguria soleva usare abbondantemente le noci, per coprire il retrogusto di menta del basilico di quelle parti!

Innumerevoli gli abbinamenti in cui il pesto dà il meglio di sé. La combinazione più comune è ovviamente quella con la pasta fresca, principalmente trenette, “mandilli” (letteralmente “fazzoletti”, sottili sfoglie rettangolari a mo’ di lasagna) e trofie, quest’ultime con l’accompagnamento di fagiolini e patate bolliti. Ma il pesto genovese è anche tradizionalmente abbinato agli gnocchi di patate, ai ravioli… e c’è anche chi lo usa per insaporire il minestrone!

Lo strumento giusto

Inutile sottolineare che, benché la produzione di massa e la grande distribuzione abbiano rapidamente visto affermarsi l’innovazione “rock” del frullatore elettrico, il ritmo del vero pesto della tradizione genovese non può venire che dalle percussioni di uno strumento assai più primitivo: il tradizionale mortaio di marmo bianco, immancabile inquilino della cucina ligure.

Non si pensi che si tratti solo di una questione di nostalgico tradizionalismo. Frullatore e mortaio producono risultati assai diversi tra loro, sia per consistenza che per qualità: il calore sviluppato dai procedimenti meccanici rischia infatti di “cuocere” il basilico durante la lavorazione, alterando le caratteristiche dei suoi oli essenziali. Anche per questo diversi pastifici locali si sono attrezzati per la produzione della salsa tramite mortai meccanizzati appositamente brevettati.

E poi, e poi, e poi. Sul pesto genovese si potrebbero scrivere (e sono state scritte) migliaia di pagine. Fu questa passione a spingere chi ci ha preceduto a dedicare la propria vita alla gastronomia ligure, e la stessa passione continua a ispirarci dopo 125 anni di cucina. Chi si siede al tavolo di Ruscin sa che chi preparerà il suo pasto condivide il suo amore per i sapori delle nostre terre, per la loro unicità, per la loro storia.

E voi, che aspettate a scoprirli?



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